Yoga
Yoga
Per la pratica dello Yoga, organizzo diversi corsi (principianti e avanzati) infrasettimanali sul territorio padovano. Durante l’anno svolgo seminari di un weekend o di una settimana in località adatte ad accogliere anche gruppi numerosi
Che cos’è lo Yoga?
“Si ha lo stato di yoga allorché s’acquieta il turbinio mentale. Allora lo spirito ritorna alla propria natura originaria”.
Così ci ha tramandato Patanjali, il grande sapiente dello Yogasutra.
La parola deriva dal sanscrito Yuj che significa “congiungere” “unire” “aggiogare”.
Lo Yoga e’ un’antica filosofia pratica indiana, che considera il corpo, la mente e l’anima tre luoghi a cui tornare per conoscere se stessi e trasformare il proprio presente.
Lo Yoga non è una religione, non ha dogmi, non dice come comportarsi, non impone delle verità rivelate da qualcuno, non confligge con nessun credo, ideologia, pensiero dominante, non è una terapia, non è ginnastica.
A cosa serve lo Yoga?
La pratica dello Yoga, permette, negli anni, di rafforzare il corpo, di ridurre i conflitti della mente e di accedere a esperienze emotive profonde che possono migliorare la qualità della vita.
Lo Yoga è uno strumento che ci aiuta a vivere la sacralità dell’esistenza, è una filosofia che mette al centro della vita lo stupore, la bellezza, la contentezza e il miracolo dell’esistenza.
Qual’è l’origine dello Yoga?
L’origine è sconosciuta, si data tra il 3000 e il 1800 a.C., nella valle dell’Indo, presso la civiltà contadina di Quetta, poichè ci sono reperti archeologici che testimoniano la sua esistenza.
Nei primi secoli la trasmissione era orale e poi tra il I sec a.C. e il V d.C., l’insegnamento fu trascritto in un testo che risulta essere il testo più importante : Lo Yoga sutra di Patanjali (il testo consigliato in italiano è quello di “Patanjali yoga-sutra” edizione Uniontrust traduzione e commento Guido Sgaravatti).
Questo testo si compone di quattro libri (Pada) di 196 sutra, che sono delle sintesi che danno indicazioni operative sull’esperienza interiore, va considerato come un manuale di istruzioni per ricercatori spirituali.
Quanti tipi di Yoga esistono ?
Si parla di Asthanga Yoga nello Yoga sutra di Patanjali, questa scuola è la principale, da questa ne sono derivate molte, sia di antiche (RajaYoga, HathaYoga, KarmaYoga, BaktiYoga, JinaniYoga, MantraYoga) che di moderne (KundaliniYoga, BikramYoga, PowerYoga, ViniasaYoga).
Quali sono gli aspetti più importanti dello Yoga?
Negli Yoga sutra di Patanjali si parla dell’Asthanga Yoga cioè Otto membra dello Yoga, dove si descrive lo Yoga Inferiore (i primi cinque punti) e
lo Yoga Superiore (i successivi tre punti).
Sono otto punti in cui si illustrano, brevemente, gli aspetti fondamentali dello Asthanga Yoga.
Tali otto stadi sono:
- Yama (rapporto con gli altri):
- Ahimsa: non violenza; rispetto del punto di vistasi ciascuno
- Satya: sincerità; genuinità; la verità
- Asteya: non rubare; temperanza
- Brahmacarya: attitudine di moderazione davanti a tutte le cose
- Aparigraha: non avidità; prendere in considerazione solo il necessario
- Niyama (rapporto con se stessi):
- Śauca: purezza; capacità di oggettività
- Saṅtoṣa: appagamento; contentezza; gioia priva di oggetto
- Tapas: autodisciplina; fervore; ardore; motivazione
- Svādhyāya: studio di sé e delle scritture sacre
- Iśvara praṇidhāna: abbandono al Signore. Il Signore non è un Dio creatore né un Dio giudice o dispensatore di grazia, ma piuttosto un essere supremo, un modello cui lo yogin può ispirarsi
- Āsana: posizione fisica; postura; coscienza del corpo;
- Prāṇāyāma: coscienza della respirazione e del flusso vitale;
- Pratyāhāra: ritrazione e interiorizzazione dei sensi dagli oggetti; isolamento sensoriale;
- Dhāraṇā: concentrazione in una unica direzione; vi sono tre cose, il soggetto, l’oggetto e il movimento continuo che li lega;
- Dhyāna: meditazione; contemplazione profonda;
- Samādhi: congiunzione con l’oggetto della meditazione; assorbimento della coscienza nel sé;
Il pensiero occidentale è diverso dal pensiero orientale?
Possiamo senza dubbio affermare che tra i due esistono profonde differenze.
Il primo è un pensiero lineare, logico e procede sviluppando ragionamenti per agire e progettare, manipola e trasforma il mondo per ottenerne un profitto.
Questo modo di pensare è pratico, potente, efficace e sposa una precisa idea di progresso tecnico.
Il pensiero orientale è completamente diverso, è sintetico, non lineare, è introspettivo, favorisce l’intuizione, risveglia la vitalità sopita e ci connette al mistero della vita.
L’introspezione dello yoga non è psicanalisi, è auto osservazione, è ascolto delle sensazioni, aiuta a superare le paure e a svuotare la sofferenza dei suoi significati arbitrari.
Di quale sofferenza si occupa lo Yoga Superiore?
Lo Yoga Superiore affronta i temi esistenziali fondamentali, come il rapporto con il tempo, la malattia, la vecchiaia o la morte, che in Occidente sono ignorati o affrontati dalla religione in modo dogmatico.
Il pensiero occidentale non sa rapportarsi alla sofferenza esistenziale, questa viene confusa con la sofferenza psicologica e quindi viene affrontata o con la terapia, con i farmaci o elusa completamente.
La nostra Cultura non sa calarsi nelle sensazioni dolorose per trascenderle, non sa che lo Yoga Superiore libera dalla sofferenza.
Facciamo un esempio importante per illustrare meglio lo Yoga Superiore.
Per chiarire il tema trattato, faccio l’esempio dell’impermanenza.
Poniamo l’attenzione sulla sensazione del “finire delle cose” cioè l’impermanenza.
Questa è un’esperienza emotiva, oggettivamente, dolorosa.
In Occidente può essere fonte di ispirazione per artisti e filosofi, che conferiscono alla caducità del divenire una forma e un linguaggio, ne fanno poesia, la sublimano, ne scrivono saggi.
Artisti e filosofi stabiliscono un dialogo con questo sentimento, magari profondo, e forse, per alcuni, soddisfacente e appagante.
L’impermanenza ci ricorda la nostra temporanea presenza sulla terra e questo ci trasmette angoscia, paura della morte e del nulla.
Per l’Occidentale di oggi, nichilista, i temi esistenziali non significano nulla, non vengono presi in considerazione perché sono considerati senza soluzione.
Questo e’ un problema di vuoto culturale dell’occidente, non è un problema dei singoli individui.
Come si affronta la sofferenza nello Yoga?
Lo Yoga apre uno scenario nuovo, impensabile per noi occidentali, ma possibile.
Chi frequenta questa via può stabilire una relazione nuova con l’“impermanenza”, considerandola un oggetto della ricerca interiore.
Nello yoga l’oggetto della ricerca viene chiamato in sanscrito samskaras (“pensiero registrato”, “pensiero condizionante” generatore dell’illusione e degli automatismi), nel nostro esempio, l’impermanenza è un samskaras.
Ogni samskaras è una sensazione significativa individuabile nel corpo e descrivibile con precisione (posizione, densità, intensità, momenti in cui si rende evidente, a cosa assomiglia ecc.).
Quali sono i passaggi da considerare?
Ora, questa sensazione dobbiamo prima isolarla e, poi, farla oggetto della nostra attenzione.
Come si isola la sofferenza?
Per isolare il samskaras, bisogna calmare l’agitazione mentale e rilassare profondamente il corpo.
Per permettere tutto questo si praticano una serie di posizioni yoga (asana), poi della respirazione profonda (pranayama) e, lentamente, si prepara il corpo alla posizione seduta per la meditazione (dhyana) a occhi chiusi.
Durante questa fase continuamente l’attenzione sfugge, ci si distrae, ci si disperde, e solo con pazienza ci si riassorbe e si riprende il filo dell’ascolto.
Il processo è graduale, silenzioso e sempre più profondo.
Cosa accade durante la meditazione?
Arrivati alla meditazione immobile a gambe incrociate ci concentriamo completamente sul samskaras scelto, su cui ci assorbiamo dimenticandoci anche del corpo.
Concentrarsi sulla sofferenza significa portare l’attenzione in un’unica direzione fissandoci sull’elemento doloroso (dharana), poi, bisogna autoripiegare l’attenzione su se stessa per entrare in meditazione (dhyana) e, gradualmente, arrivare a dissolvere il samskaras.
Quanto tempo ci vuole per avere i primi risultati?
Ci vogliono molte sedute di Yoga per trascendere quel samskaras, ma con molta pazienza, facendo anche dei seminari intensivi di qualche giorno, seguiti da un bravo insegnante, si può fare l’esperienza.
La ricerca interiore non è fatta di illuminazioni immediate, estatiche e paradisi facili, spesso richiede passione, sacrificio e dedizione.
A volte ci vogliono settimane, mesi o anni per vedere oltre l’illusione della mente, altre volte il processo è istantaneo.
Cosa accade dopo anni di pratica di Yoga?
La pratica dello Yoga Superiore trasforma il nostro panorama interiore, porta a galla la nostra parte più bella, ci guida nel lento processo del risveglio della coscienza.
Lo Yoga Superiore è una filosofia pratica che ci aiuta nel lento processo di diventare ciò che siamo, migliora la nostra sensibilità e ci apre al miracolo e allo stupore della vita.
Yoga è vedere attraverso il velo di Maya, l’illusione, ma è sopratutto un’esperienza vivificante, che illumina il presente e abbandona qualunque idea di perfezione e di mondi celesti, aprendoci al valore assoluto dell’essere presente nel qui e ora.
Come si sviluppa una lezione di Yoga?
Durante le lezioni si userà la musica per favorire un più profondo rilassamento e durante le meditazioni finali le campane tibetane aiuteranno l’allievo ad assaporare l’immobilità e il silenzio spontaneo.
La lezione dura ca. 80 minuti e si svolge in cinque fasi :
Introduzione teorica allo yoga e domande dei partecipanti
Esecuzione delle Asana (posizioni)
Pranayama (tecniche di respirazione)
Meditazione (guidate, visualizzazioni, suono delle campane tibetane)
Rilassamento finale
I corsi sono divisi per livelli, base e avanzato, e si possono fare incontri di gruppo o individuali.
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About
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Giuseppe Pappalardo nasce a Padova il 13 febbraio 1973.
Consegue la Laurea in Economia e un Master in Gestione Risorse Umane.
Durante gli studi universitari inizia la pratica dello Yoga e della Meditazione.
Si diploma nel Centro studi ASIA di Bologna.
Diventa Costellatore Familiare in un percorso biennale nel Centro “Il Tao delle Costellazioni Familiari” a Bologna diretto dalla psicoterapeuta Navala Jansch.
Approfondisce la formazione con successivi due anni di assistenza.
Nel 2009 risiede per sei mesi nel Centro Spirituale Miasto del Maestro Osho Rajneesh in Toscana dove approfondisce la Primal e il Tantra.
Dopo un percorso triennale si diploma Counselor e Coach indirizzo “Voice dialogue” e perfeziona la formazione con tre anni di assistenza nella Scuola “Innerteam” di Bologna diretto dalla docente Franca Errani.
Apprende la meditazione e il massaggio vibrazionale con le Campane Tibetane dal Lama Tibetano Thonla Sonam e da studiosi della meditazione sonora.
Approfondisce tecniche di massaggio da diverse tradizioni e scuole (Shiatsu, Olistico e Psichico).
Nel 2009 si certifica Insegnante Yoga della risata, diploma conseguito nel Club della risata di Roma con la Master Teacher Laura Toffolo.
Counseling – Il Dialogo delle Voci
Counseling – Dialogo delle Voci
Per il Dialogo delle Voci si organizzano durante l’anno seminari di gruppo di una o più giornate e sedute individuali in associazioni culturali di Padova.
Che cos’è il voice dialogue?
Uno dei principali riferimenti teorici del Voice Dialogue è la Dinamica dei Sé, principio secondo cui la personalità di ognuno di noi non è uniforme bensì poliedrica, composta quindi da diverse Parti, che possiamo anche definire Aspetti, Sé o Voci.
La personalità risulta così essere composta non da un’unica dimensione monolitica, ma da “tanti volti”. A volte ci sentiamo forti come un guerriero e altre volte fragili come un bambino? Ora impacciato ora attraente? Ora trasgressivo ora innocente? ecc.
Dentro di noi albergano molte personalità, anche in contrasto fra di loro, a seconda della situazione, persona o gruppo con cui ci troviamo in relazione.
Nel processo di crescita, di adattamento all’ambiente e di imitazione dei modelli esterni abbiamo scelto alcuni aspetti a danno di altri, che vengono declassati e soffocati.
Alcuni Sè, Aspetti o Energie sono primari, sono parti con cui siamo identificati e costituiscono la nostra parte più evidente nella vita ( Ego operativo) e poi esistono le Parti, le Voci o Sè rinnegati che cerchiamo di tenere nascosti o che non riusciamo a vivere serenamente, poiché li giudichiamo e svalutiamo.
Dentro di noi esistono dei conflitti fra le parti, a volte delle vere dicotomie, che possono causare profonde difficoltà sia nei rapporti con gli altri che con noi stessi.
Inconsapevolmente reprimiamo nell’ombra parti di noi che chiedono solo di essere ascoltate, ci priviamo della possibilità di vivere in modo più completo e appagante, consideriamo sempre gli stessi sé limitando, così, la nostra esperienza esistenziale.
Come riconoscere la presenza di parti rinnegate dentro di noi?
Ogni qualvolta una persona ci manda in reazione/giudizio/difesa è il segnale, che ci indica la presenza di una parte rinnegata che chiede di emergere, ma viene censurata.
A questo divieto segue il disagio, la rabbia, l’invidia ecc.
La seduta di dialogo ci insegna a vivere queste parti senza paura, rabbia o vergogna, risolve il conflitto, liberando risorse e potenzialità.
Quali benefici ha il dialogo delle voci?
L’applicazione di tale metodologia di counseling dà il via ad un dialogo con sè stessi, inteso come dialogo con le proprie parti, in cui diventa possibile riconoscere ciò che ci sta accadendo dentro, quale aspetto sta agendo e perchè.
Le sedute di dialogo delle voci attivano un processo di disidentificazione dagli aspetti dominanti, con conseguente disattivazione degli automatismi, appianamento dei conflitti, ampliamento delle possibilità di scelta ed emersione di nuove e potenzianti risorse.
In altre parole ogni aspetto viene ascoltato, visto e considerato nella sua complessità, apprezzato e compreso, così da poterlo trasformare da sabotatore in alleato.
E’ come diventare maestri d’orchestra della propria vita: impariamo a conoscere e dirigere le nostre parti, a capire chi è più adatto nella situazioni in cui ci troviamo. Sorge un nuova consapevolezza che infonde maggior sicurezza, benessere e potere personale.
Chi lo ha inventato e quando?
Negli anni ’70 del secolo scorso, i due psicoterapeuti americani, Hal e Sidra Stone, osservando la propria esperienza umana e di coppia con tutta la loro professionalità, intuiscono che molto probabilmente sono varie sub-personalità, con spiccate e precise caratteristiche, a popolare il complesso mondo interiore.
La visione dell essere umano come creatura molteplice non appartiene, però, solo al Voice Dialogue: vi sono altri approcci che ne condividono i presupposti (Gestalt, Psicosintesi, Analisi Transazionale, Quarta via), ma l’ approccio degli Stone presenta elementi specifici che lo rendono particolarmente efficace, efficiente e innovativo.
Gli Stone mettono a punto un metodo codificato che chiamano, Voice Dialogue (Dialogo delle Voci), che attraverso delle vere e proprie interviste ai sé permette di rafforzare la parte consapevole del soggetto e sottrarlo dagli automatismi per favorirne il processo di disidentificazione.
Diffusione
Data la grande capacità di guarigione e trasformazione, la tecnica del Voice Dialogue dagli Usa si è diffusa in Europa e in molti altri paesi, (Sud Africa, India, Argentina, Australia, Russia etc.) trovando applicazione in svariati campi (dalla psichiatria al coaching, dall’espressione corporea al management, dalla psicoterapia alle belle arti) e arricchendosi di altri strumenti quali la danza, il movimento corpore, il disegno, la meditazione, la psicogenealogia, il lavoro sui sogni etc.
L’Italia, dagli anni ’90 in poi, vedrà nascere l’Associazione Voice Dialogue, l’Istituto Innerteam, la prima Scuola di Counseling e Coaching ad indirizzo Voice Dialogue diretta dalla Dott.ssa Franca Errani, cui ne seguiranno altre e l’inserimento del Voice Dialogue come materia universitaria (Progetto Co.Re.M. Università di Siena).